Salute mentale vista in positivo

Quale definizione di salute mentale si applica in Italia?

In questo articolo proviamo a capire l’approccio alla salute mentale del nostro Paese, sia da un punto di vista teorico che pratico.

Capire questo approccio è importante, perché ricade sul benessere e la salute di ogni persona che vive in Italia. Coinvolge anche te che stai leggendo.

In teoria, quale definizione di salute mentale si sta usando in Italia?

Sul fronte teorico, l’Italia ha tante buone idee.

Quando si parla di salute mentale, il nostro Paese sposa definizioni moderne.

Le definizioni moderne sono coerenti con l’idea di salute dell’OMS: non restano focalizzate solo sulla malattia e includono anche aspetti legati al benessere. Tali definizioni sono importanti perché tentano di riconoscere il valore umano nella sua globalità, per averne cura (non solo curarlo a seguito di un problema).

In queste visioni moderne, per sostenere la  salute mentale delle persone e della società, si sottolinea la necessità di agire con strategie globali di promozione e prevenzione, oltre che di trattamento e recupero. Su questa idea c’è un consenso a livello nazionale e internazionale, come ricorda bene il Ministero della Salute nella sua pagina dedicata alla salute mentale.

Quale definizione di salute mentale si sta applicando in Italia?

Quando si passa alla pratica, l’Italia sembra essere rimasta bloccata su visioni passate: la salute mentale è definita quasi esclusivamente in relazione alla presenza o all’assenza di patologia, come avveniva prima del 1946.

L’ISTAT, ad esempio, nel Rapporto sul Benessere Equo e Sostenibile (pubblicato nel 2024) usa dati collegati con questa definizione:

L’indice di salute mentale è una misura di disagio psicologico (pagina 61).

Anche il Ministero della Salute è in sintonia con questa visione legata alla patologia. Osservando il Rapporto salute mentale (pubblicato nel 2024), infatti, si nota che l’intero testo riguarda la patologia.

La promozione della salute mentale non è menzionata.

La prevenzione, invece, è considerata in modo marginale solo una volta, in riferimento alle strutture residenziali:

Le strutture residenziali sono … collocate in località urbanizzate e facilmente accessibili per prevenire ogni forma di isolamento delle persone che vi sono ospitate e per favorire lo scambio sociale (pagina 112).

Pur facendo attenzione agli aspetti patologici, anche gravi, sembra che si verifichino problemi sulla presa in carico di molte persone che hanno un bisogno di aiuto importante e urgente legato alla propria salute mentale. A riguardo, il rapporto citato indica quanto segue:

Il ricovero ripetuto di pazienti con patologie mentali nel mese successivo alla dimissione è indice di una scarsa integrazione tra servizi ospedalieri e territoriali ed evidenzia problematiche di presa in carico dei pazienti da parte della salute mentale territoriale (pagina 146).

In media, tali problematiche di presa in carico ricadono sul 14,8% delle persone che hanno avuto un ricovero ospedaliero legato a disturbi mentali. Circa 1 persona ogni 7.

Conclusioni

Per quanto riguarda la salute mentale, sembrerebbe che il nostro Paese si trovi in difficoltà nel mantenere una coerenza tra la teoria e la pratica.

Quando si passa agli aspetti pratici, la salute mentale rischia di essere definita solo da un punto di vista patologico. Questa impostazione può costituire un problema perché, come visto nel precedente articolo, se manca l’attenzione concreta alla promozione della salute e alla prevenzione, oltre che alla patologia, emergono disservizi.

Il fatto che attualmente siano presenti disservizi legati alla presa in carico di situazioni gravi, dunque, potrebbe essere legato anche alla definizione operativa che l’Italia adotta. Su questo aspetto, dunque, potrebbe essere utile fare un cambio di rotta, per trovare una maggiore coerenza tra la teoria e la pratica.

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