Stabilire cos’è la salute mentale è molto difficile.
In letteratura ci sono diverse definizioni. Tra le più autorevoli, attualmente, c’è quella dell’Organizzazione Mondiale della Sanità:
“uno stato di benessere mentale che consente alle persone di affrontare lo stress della vita, realizzare le proprie capacità, imparare bene e lavorare bene e contribuire alla propria comunità“.
All’interno di SaluteMentale.eu crediamo che ci sia ancora molto da fare per trovare una definizione che renda giustizia alla salute mentale. Ad esempio, ci sembra importante sottolineare che anche chi dovesse avere una disabilità che impedisca di lavorare in modo produttivo possa avere e vedersi riconoscere un elevato grado di salute mentale.
Come darle una connotazione virtuosa?
In questo spazio la salute mentale è vista come una risorsa che contribuisce in modo positivo alla vita di una persona e, di conseguenza, della società. Nel corso della vita, questa risorsa può variare, aumentando o diminuendo a seconda delle esperienze che si fanno. Può essere indipendente dalla malattia.
Secondo quest’ottica, la salute mentale assomiglia più a un menù interattivo, che consente di selezionare e utilizzare diversi strumenti e di attivarne altri in automatico.
Per ogni singola persona, dunque, la salute mentale è rappresentabile come la capacità di disporre di un proprio menù dell’anima, che le consente di accedere a diversi strumenti: le facoltà psicologiche.
Quali sono le facoltà che compongono la salute mentale?
Tutte le reazioni automatiche affinate dall’esperienza, come pure gli apprendimenti coscienti possono essere strumenti che contribuiscono alla salute mentale.
Gli esempi che si possono fare, a riguardo, sono tantissimi:
- velocità di pensiero;
- ampiezza e precisone delle memorie (ne abbiamo di tanti tipi);
- ingegno (capacità di trovare soluzioni innovative);
- autoconsapevolezza (capacità di riconoscere i propri stati emotivi);
- autoregolazione (abilità di gestire le proprie reazioni in modo costruttivo, anziché distruttivo);
- prospettiva (la capacità di vedere oltre l’immediato e, anche nelle difficoltà, dar senso alla propria vita);
- sintonizzazione sociale (la capacità di costruire relazioni stabili e soddisfacenti per sé e le altre persone, nonostante i conflitti).
- Ecc.
In questa visione, dunque, si evita di confondere la salute mentale con altri concetti, in particolare con i molti concetti che ruotano attorno alla felicità. Salute mentale e felicità non sono considerati due sinonimi.
Perché la salute mentale non equivale alla felicità?
Una persona mentalmente sana non è necessariamente felice e, soprattutto, non lo è sempre. La felicità, intesa come la capacità di godere con spensieratezza di momenti della propria vita, può essere uno degli strumenti della salute mentale, ma non il solo né il più importante.
La vita è fatta di eventi che sono anche tristi, rabbiosi, noiosi o perfino dolorosi. La vita è fatta anche di eventi che non hanno un senso.
Più che all’esser rigidamente felici o raggiungere uno stato di felicità immutabile, quindi, la salute mentale si collega al vivere e integrare all’interno della propria esistenza una miriade di emozioni, anche quelle spiacevoli.
Il benessere psicologico non trova come unica opzione la felicità. Include anche la possibilità di coesistere con dolori, rabbie, paure e delusioni.
La persona che affronta un lutto, ad esempio, non possiede un elevato grado di sanità perché si mantiene felice e non sperimenta dolore. Oppure, non diventa priva di salute mentale perché sperimenta un dolore, anche forte e prolungato. Si presenta in possesso di un elvato grado di sanità perché, nonostante il dolore, evolve, con i suoi tempi e il suo ritmo. La persona sana non dimentica il dolore di un lutto ma si modifica per riuscire a coesistere con esso o regolarlo, senza lasciarsi distruggere. Quando ciò accade si tratta di un percorso sicuramente pieno di ostacoli, dove si può anche ragionevolmente desiderare di non sentire quel dolore e, ciononostante, lo si affronta.